Spettacolo

Claudio Percuoco: “il mio Pino”

La Redazione
Claudio Percuoco: "il mio Pino"
Un racconto di Musica e Poesia. Un racconto d'Amore. Che, come tutti gli amori, si nutre inevitabilmente anche di incomprensioni e di noia, di allontanamenti e ritorni, senza per questo cessare di esistere al mondo
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4° appuntamento a Gioia del Colle con l’International Meeting Voce Dal Ponte XIV Edizione “Un viaggio attraverso le parole in musica”.

Domani, 9 giugno 2017 alle ore 21:30, presso la Masseria Canale a Levante, Savia Damato presenterà una serata con conversazione sulla vita e l’opera di Pino Daniele, corredata da canzoni, anedotti e contributi video con chitarra e voce di Claudio Percuoco e Angelo Longo, chitarra e mandolino.

Claudio Percuoco in “IL MIO PINO”
Un racconto di Musica e Poesia. Un racconto d’Amore. Che, come tutti gli amori, si nutre inevitabilmente anche di incomprensioni e di noia, di allontanamenti e ritorni, senza per questo cessare di esistere al mondo. E dall’amore possono nascere nuove vite, nuove proprio come le pagine che seguono, che vogliono rimarcare un sentimento la cui fiamma non si spegnerà mai.

Dargli vita è stata la cosa più naturale del mondo. Nessun taglio cesareo, nessuna complicazione, nessun artifizio per far sì che “Il mio Pino” prendesse vita così com’è, forse perché sono tra i tanti che hanno “perso il sonno” appresso a lui, penetrando la sua attitudine all’Arte in tutti i meandri, fino quasi a convincersi di esserne parte.

Sebbene nel secondo tempo della sua carriera si sia messo di impegno pur di entrare in graduatoria, io non catalogherò mai Pino Daniele nel panorama della musica leggera. Perché termini di paragone non ne esistono, né tra i vecchi cari cantautori, né tra le orde di canzonettisti da talent alla spudorata ricerca di un’apparizione, di un santo che possibilmente si chiami Remo.

La sua opera affonda le radici nella grande musica popolare, che in questo caso ha avuto il coraggio di mescolarsi al blues e al jazz, al rock e alla classica, al gusto arabo, africano, yankee e latinoamericano, con testi che, partendo dal napoletano, la lingua che un giorno l’Unesco avrebbe consacrato patrimonio dell’umanità, si fondono con quella anglosassone e a volte perfino italiana.

Quindi, per cultura e per linguaggio, Pino appartiene inevitabilmente a Napoli, e la napoletanità è il punto di partenza per comprenderlo appieno, anche se con questo non voglio dire che essere nati a Napoli basti a prescindere. Nel corso della mia esistenza ho visto torinesi, bolognesi, siciliani e perfino greci, ricevere l’imprinting e non poter mai più cancellare dalla mente ogni passaggio lessicale o armonico, ogni ritmica o assolo, ogni melodia o salto di registro di cui traboccano le sue canzoni, mentre per molti conterranei, tolto l’orgoglio della comune appartenenza, Pino non è che un cantante come tutti gli altri.

E, nonostante questo, è pur vero che una storia come “Il mio Pino” solo un napoletano avrebbe potuto raccontarla. Napoletano e musicante, essendo tra quelli che divide il suo letto con la chitarra, e che, forse per questo, nelle canzoni cerca qualcosa in più.

E sebbene faccia sempre attenzione a tenermi lontano dai nazionalismi che insanguinano il pianeta, stavolta voglio cadere proprio in questo luogo comune, affermando che Napoli rimane ancora la sola speranza di bellezza che resta a questo nostro sgangherato paese.

giovedì 8 Giugno 2017

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